L’importanza dell’adattamento al buio

Non arriveremo mai a scrutare tutte le meraviglie del cielo se...

Più osservo oggetti deboli (molto deboli) più mi rendo conto di quanto un corretto adattamento al buio sia importante.
L’occhio umano ha bisogno del suo tempo per riuscire a raggiungere la massima sensibilità della visione scotopica (al buio).
La pupilla si dilata dopo circa un minuto in cui l’occhio non vede alcuna luce bianca. Ma questo non è sufficiente a vedere al meglio le deboli luci provenienti dai lontani oggetti del profondo cielo attraverso i nostri telescopi.

Infatti la retina, popolata da due tipi di cellule, coni e bastoncelli, che sono rispettivamente dedicati alla visione dei colori e dell’intensità di grigi, è dotata di una proteina che si forma principalmente nei bastoncelli: la rodopsina. Questa proteina, quando attivata, permette di raggiungere il massimo della visione scotopica e arrivare a vedere le parti più deboli degli oggetti del cielo profondo. Recenti studi medici danno un tempo medio di formazione della rodopsina pari a 20 minuti in cui non dev’essere attivata la visione fotopica dell’occhio (quella che usiamo in condizioni di illuminazione comune).
Quindi per ottenere il massimo dal nostro occhio durante la notte è necessario che l’occhio non veda alcuna fonte luminosa sufficente da attivare la visione diurna, ma anche quella crepuscolare (mesopica).
L’occhio umano è sensibile alla luce in diversa misura rispetto alla sua frequenza nello spettro.

Cambiamento della sensiblità ai colori in visione scotopica

Cambiamento della sensiblità ai colori in visione scotopica

La luce visibile corrisponde a una ristretta banda di lunghezze d’onda nello spettro elettromagnetico fra 380 nm (violetto) e 750 nm (rosso). L’occhio non ha la stessa sensibilità a tutte le lunghezze d’onda, e la sensibilità dipende anche dall’intensità della radiazione. In più in condizioni di visione scotopica la sensibilità dell’occhio ha un picco inferiore rispetto alla visione diurna (fotopica).

Rossa, non luminosa

E’ anche per questo motivo che di notte gli astrofili usano una torcia rossa per illuminare gli atlanti che servono a orientarci nel cielo e a trovare gli oggetti del cielo profondo.
Ma quanto rossa dev’essere una torcia per non attivare la visione mesopica, ovvero quella crepuscolare a metà strada tra la diurna e la notturna?
Spesso mi capita di vedere astrofili visualisti che osservano con questa torcia, piuttosto comune:

Torcetta rossa troppo luminosa

Esempio di torcetta rossa troppo luminosa

Anche durante le mie osservazioni ho utilizzato questa torcia. Ma l’ho trovata piuttosto “invasiva” e il timore che mi rovinasse l’adattamento al buio era forte. Purtroppo il timore ha lasciato spazio alla certezza quando ho provato a vedere oggetti al limite del mio telescopio: non li ho visti!
E’ capitato spesso anche di aver fatto confronti all’oculare con chi utilizza una lampadina LED rossa, sicuramente molto debole all’inizio, ma che quando viene (finalmente) attivata la rodopsina nella nostra retina diviene più che sufficiente per consultare le nostre cartine.
Il risultato del confronto è stato disastroso: i dettagli delle diafane galassie che vedeva chiaramente l’amico astrofilo, il mio povero occhio non li percepiva neanche di striscio!
Di conseguenza questo è un confronto tra una torcia “nata bianca” e filtrata con una pesante pellicola rossa e una torcia che ho modificato e dotato di due semplici LED rossi.

Confronto tra una torcia bianca schermata di rosso, e una torcia con LED rosso

Confronto tra una torcia bianca schermata di rosso, e una torcia con LED rosso

La posa è identica: 2 secondi a 400ISO. Notate chiaramente la differenza di luminosità. Potrà mai l’occhio abituarsi al buio in questa maniera?

Confronto tra lampadine

Confronto tra lampadine

Da questo mi sembra facile dedurre che una luce bianca filtrata non sarà mai abbastanza rossa quanto una realmente rossa, tranne se filtrata sia in luminosità che nel colore (quello giusto).

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