Da avere sul campo

Non rischiamo di fare km di strada e poi accorgerci che ci manca...

Durante le gelide notti invernali o le umide stellate d'autunno, rimanere per ore al telescopio a volte diventa una prova di resistenza.
C'è da combattere con le nuvole passeggere, il freddo che ci entra nelle ossa o con l'umidità che appanna gli oculari, il cercatore e lo specchio secondario del telescopio. Se a queste ci aggiungiamo la stanchezza che talvolta ci raggiunge, la nottata osservativa diventa una frittata di parolacce.
Per questo cerco di prevenire gli eventuali inconvenienti che, di solito, si presentano in montagna a decine di km dal paese più vicino e centinaia da casa, portandomi delle cose che facilitano la "vita d'astrofilo".

Luce rossa

Probabilmente la luce rossa è l'accessorio più importante ed economico che un astrofilo deve avere.
Senza un'opportuna luce rossa non possiamo guardare il cielo nelle sue più deboli sfumature.
L'occhio umano, nella visione scotopica, diventa meno sensibile alle frequenze di rosso, e possiamo sfruttare questo aspetto usando una torcia rossa già da quando montiamo la strumentazione.
L'occhio si abitua e la retina può sviluppare la proteina che rende possibile la percezione della luce più debole: la rodopsina.

In base a studi scientifici ci vogliono circa 20 minuti di buio perchè i bastoncelli sintetizzino la rodopsina.
Se durante questo processo la retina è colpita da una luce appena più forte del dovuto, la rodopsina non si forma. E questo succede anche con una luce rossa molto forte. L'abbaglio è tale da "accecare" comunque. Non raggiungeremo mai le condizioni perfette per fare osservazioni sempre più profonde.
Ho amici che preferiscono addirittura usare una benda da pirata (!!!) per riparare costantemente l'occhio che osserva da luci diverse da quelle che vengono dall'oculare. Bello impegnativo...

In base a questo è importante scegliere di usare una luce rossa molto debole, che conservi l'adattamento al buio in maniera costante.
La classica "lampada del minatore", quella da testa, è una pratica Energizer modificata: ho eliminato i due scomodi e abbaglianti LED a luce bianca sostituendoli con due LED di colore rosso non ad alta intensità. Grazie al LED rosso centrale già montato sulla torcia, ora posso scegliere tra due intensità di luce: quella alta (che va benissimo per montare e smontare senza dare fastidio agli amici di osservazione) e quella bassa, da usare durante l'osservazione per non abbagliarmi.

Per prendere appunti, invece, ho delle lampade da scrivania che mi tengono le mani libere, alimentate da 3 ministilo AAA.
Acquistate con LED bianchi, li ho sostituiti con un singolo LED rosso ad alta luminosità schermato da un paio di resistenze per rendere l'intensità del fascio non troppo forte.
A inizio serata, con l'occhio non ancora ambientato alla visione notturna, riesco a malapena a leggere con la luce di queste lampade. Dopo...nessun problema :)

Matita, bloc notes e tavolino

Sfruttando il bagagliaio della mia auto ho predisposto una tavola di legno (spessa 0.5cm) che funga da tavolino.
Un piano d'appoggio ampio e stabile ci aiuta a prendere appunti comodamente, poggiare gli atlanti e averli a portata di mano e mettere al riparo gli oculari dall'umidità.
Può essere utile anche forare la tavola del diametro di 31.8 e 50.8mm, per avere un portaoculari a bassissimo costo.

E per raccogliere le impressioni osservative della nottata uso il mio solito bloc notes in formato A4 per non disperdere in foglietti sparsi le mie nottate.
Il tutto annotato a matita: il lapis scrive in qualsiasi condizione, anche a -10°C! :)

Filtri nebulari a banda stretta

I filtri nebulari si comportano in modo molto semplice: lasciano passare solo una parte della luce che arriva al telescopio e bloccano tutto il resto dello spettro, eliminando quindi tutto ciò che è considerato "rumore", e facendo passare solo la luce della frequenza emessa dalle nebulose.
E' una maniera piuttosto efficace e selettiva per riuscire a tagliare fuori tutto l'inquinamento e la luce che non ci interessa, per vedere solo la frequenza della luce emessa dalle nebulose.

Nello spettro della luce possiamo vedere come l'occhio umano in visione diurna (fotopica) sia più sensibile nella riga del giallo, attorno ai 560nm.
In visione notturna (scotopica) la sensibilità retinica cambia e sposta il suo massimo nella riga del verde, attorno ai 500nm.

Differenza di sensiblità retinica tra visione diurna e notturna

Differenza di sensiblità retinica tra visione diurna e notturna

I filtri nebulari a banda stretta concentrano il loro utilizzo esclusivamente attorno a questa linea.
E' nelle linee spettrali dell'Ossigeno III (496 e 501nm), dell'Idrogeno Beta (H-β, 486nm) e dell'Idrogeno Alfa (H-α, 656nm) che le nebulose emettono la loro luce. I filtri esaltano proprio queste lunghezze d'onda e bloccano tutto il resto (se fatti bene). E' facile intuire come la riga dell'H-α sia invisibile all'occhio umano in visione notturna.

Questo presupposto teorico dice che non c'è un filtro "scuro" per un dato telescopio.
Spesso capita di montare un O-III su un 20cm per osservare le nebulose planetarie e non avere un risultato soddisfacente: l'immagine all'oculare si scurisce terribilmente, e la visione diventa inappagante.
Ebbene, non è colpa del filtro troppo selettivo (la curva interferenziale dell'O-III è più stretta dell'UHC) ma semplicemente dell'ingrandimento usato: un ingrandimento troppo alto, infatti, restituisce una pupilla d'uscita troppo piccola. La luce che arriva all'occhio (già selezionata dal filtro) è poca!
Per vedere meglio basta scendere d'ingrandimento e trovarne uno che restituisca una pupilla d'uscita attorno ai 5mm.
Osservare nebulose a questa pupilla d'uscita sarà molto più fruttuoso.

Slitta portafiltri

Intercambiare un filtro per vedere in maniera differente le emissioni di un oggetto è scomodo e perditempo.
Tra smontare un filtro, riporlo nella sua scatola e montare l'altro sull'oculare si fa presto a dimenticare la visione precedente, e la comparativa va a farsi friggere.
Una slitta portafiltri, montata tra il focheggiatore e il secondario, diventa quasi fondamentale se si vuole osservare ogni nebulosa in maniera attenta e analitica.

La slitta, per questo scopo, diventa un accessorio quasi imperdibile. Potremmo costruircene una, oppure acquistare quella della Moonlite o della Astrocrumb.

Mappe personalizzate

Per riuscire a trovare e distinguere gli oggetti al limite dello strumento (come le singole galassie degli ammassi di Abell) sono molto utili, e talvolta fondamentali, delle mappe dettagliate, stampate sulla base degli strumenti usati e all'ingrandimento preferito.

Grazie a programmi come Megastar 5 e SkyMap Pro 11, stampo cartine con stelle fino alla magnitudine 16 per avere un confronto all'oculare con le stelle di campo che, spesso, risultano fondamentali per riuscire a scorgere la galassia più debole, altrimenti invisibile senza un rapporto geometrico che offrono le stelle su una mappa.
L'ingrandimento dev'essere adeguato all'oculare che fornisce più dettaglio ma che non oscura troppo l'immagine.

Questo è un esempio di cartina dettagliata senza la quale sarebbe impossibile individuare tutti gli oggetti all'interno del campo, al limite per il mio 40cm:

Esempio di mappa dettagliata

Il campo reale mostrato è quello fornito da un oculare di 8mm con 100° di campo apparente su un telescopio da 16" f/4.5

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